Quando il sipario calerà, io me ne andrò…
chi di voi non ha canticchiato almeno una volta nella sua vita questo motivetto, divenuto un tormentone nel 1968 e nato dalla penna di Dario Fo, Fiorenzo Fiorentini e Vincenzo Jannacci o Enzo, come tutti lo chiamavano.
Cantautore, cabarettista e attore, ma prima ancora medico chirurgo, quasi a sottolineare quanto la musica sia una potente medicina dell’anima, in grado di guarire prima ancora che con i metodi tradizionali. Jannacci inizia la sua carriera intorno agli anni cinquanta, alcuni lo hanno definito un pioniere del rock and roll insieme ad Adriano Celentano, Luigi Tenco, Little Tony e Giorgio Gaber. Artista poliedrico che ha saputo lasciare un’impronta nel campo artistico, spaziando dalla musica al teatro, dal cinema alla tv, distinguendosi per la sua eleganza ed il suo umorismo e capace di strappare una risata al numeroso pubblico che lo ha sempre seguito. “Io mi vedo in un mare molto profondo dove mi piace stare, poi ho molta paura però non verrei mai via” sono le parole rilasciate ad un giornalista nell’ultima intervista concessa da Jannacci durante il concerto del figlio Paolo, al meeting del CI di Rimini, di Paolo diceva: “ lui suona prevalentemente usa la musica per esprimersi, io uso anche parole espressioni del viso, movimenti del corpo e volto, per essere ad un certo punto della propria esistenza e sentire che ci viene donato questo, questa è un tipo di fede che mi interessa il resto no”, un pensiero profondo legato ad una fede non convenzionale ma genuina e libera come il suo spirito.
A dire queste parole è un volto stanco, un fisico temprato dalle esperienze e provato ancor più da una brutta malattia che lo accompagna ormai da diversi anni. Gli incontri di una vita che ti cambiano, il sodalizio artistico con Giorgio Gaber , suo amico fraterno, scomparso nel 2003, ma anche con Cochi e Renato, che lo accompagnano sul palco del mitico Derby, con Dario Fo, con cui scrive diversi spettacoli teatrali e molti altri ancora, tutti hanno conosciuto il lato folle che possedeva ma anche quello malinconico ed incompreso, che rendevano la sua figura geniale.
Nel 1968, partecipa a Canzonissima arrivando in finale con il brano “Ho visto un Re” canzone bocciata successivamente dalla commissione Rai, apparentemente molto ironica, ma riferita ad una polemica sul mondo politico del momento. Questa censura lo porta a ritirarsi per alcuni anni, viaggiando tra Sudafrica e Stati Uniti, riprendendo gli studi di medicina.
Questa è storia, la storia che si ripete e che viviamo da sempre. Uomini e donne che cercano di manifestare le loro idee secondo le proprie competenze, uomini e donne che cassano intenzioni e rivoluzioni di intenti e accettano il presente con rassegnazione. Forse anche lui ha terminato il suo spettacolo e come ogni sera si congeda dal suo pubblico, da gentiluomo qual’era…
Quando il sipario calerà
io me ne andrò
ed ogni luce svanirà
io me ne andrò
tu piangerai
lei riderà
certo qualcuno mi odierà
ma lo spettacolo è finito
e me ne andrò
e me ne andrò…
Teatrante per la rubrica PHATOS/Musica e...