La valigia dei sogni precari...

19.03.2013 10:22

 

“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Cita il primo articolo della Costituzione. Stiamo parlando veramente  dell’Italia? In questo momento di crisi “allarmante” bisognerebbe chiedersi se il bel paese può ancora considerarsi veramente “costituzionale”. Sicuramente un paese costituzionale solo sulla carta, perché la realtà è ben lontana dall’esserlo.

La situazione attuale parla da sé. La crisi ha messo in ginocchio un intero paese. Nord, sud, centro, non ha risparmiato proprio nessuno.

Il 2012 è stato l’anno “nero” per eccellenza, troppi i martiri della crisi.

La lunga serie di tragedie continua nel 2013, che in soli tre mesi ha fatto ben 10 vittime.

3 febbraio: un uomo di 62 anni, titolare della filiale della Dhl di Frosinone, si impicca nella notte nell'azienda di proprietà. Lascia due lettere una per il commercialista e l’altra per il figlio. Si uccide perché preoccupato per le sorti della filiale.

15 febbraio: un  imprenditore 54enne, Albino Mazzaro, decide di farla finita perché non riesce a sopportare su di sé il peso delle crisi.

24 febbraio:   Provincia di Ravenna. Il titolare di una piccola azienda di imballaggi e falegnameria viene trovato morto, non ha retto le pressioni del fisco.

26 febbraio: il ristoratore trevigiano Gianfranco Mazzario, si spara una fucilata a casa. Sembra che in banca avesse una scopertura di 200mila euro.

28 febbraio: altra vittima della crisi. Un imprenditore cinese di 40 anni si suicida perché incapace di risolvere i gravi problemi economici.

5 marzo: Milano. Un imprenditore di 76 anni in pensione, spara alla moglie di 67 anni mentre  dorme, poi si toglie la vita.  Un gesto figlio della disperazione economica. Sempre nello stesso giorno a Quinto di Treviso un altro tragico scenario. Stefano Busato, l’ennesimo imprenditore si uccide perché sopraffatto dai gravi problemi lavorativi.

6 marzo: la Regione Umbria piange le sue vittime della crisi. A Perugia Andrea Zampi, imprenditore di 43 anni, uccide due impiegate della Regione  e poi si uccide. La Regione gli respinge la richiesta di accreditamento per accedere un finanziamento, lui si vendica uccidendo le impiegate e poi se stesso.

7 marzo: Elia Marcante, 65 anni, si impicca nel suo capannone, a Schio, dove produceva da anni macchine per la lavorazione del legno distribuite in tutto il mondo. Lascia ai parenti solo una lettere di “scuse”. Ultimo in ordine di tempo un 47enne di Schio ucciso dal macigno della crisi che pesa sui piccoli imprenditori.

Dietro questi dati disarmanti si legge la disperazione che incombe nel nostro paese. Accanto ai morti, ai suicidi della crisi esistono le altre vittime, quelle che silenziosamente trascinano la loro vita nell’attesa che qualcosa cambi. Stiamo parlando dei giovani senza terreno sotto i piedi, ragazzi con il famoso “pezzo di carta” che ogni giorno si arrampicano sugli specchi facendo i mestieri più impensabili pur di racimolare uno pseudo e scarno  stipendio, se così si può definire. I disoccupati avanti con l’età, che hanno perso il loro lavoro, perché la crisi ha significato tagli dalla sera alla mattina. Loro non riescono più a trovare un’occupazione perché considerati  “troppo vecchi”. I perenni precari che non hanno diritti ma solo l’obbligo di lavorare per portare il pane a casa, con la sensazione di trovarsi sempre  con un piede dentro e un altro fuori dal posto di lavoro. I pensionati che, pur avendo lavorato una vita, con una pensione minima sono costretti a mangiare alla mensa dei poveri perché non arrivano a fine mese. Per non parlare dei lavoratori in nero, quelli che lavorano solo per non morire di fame, senza alcuna tutela né garanzia lavorativa, che a conti fatti sono considerati evasori per uno Stato che li ha abbandonati; ma qual è l’alternativa, andare a vivere sotto un ponte pur di compiacere le istituzioni che collezionano promesse senza mai passare ai fatti? In questo momento si può parlare di un’Italia costituzionale? Oggi si può parlare di un paese allo sbaraglio in cui  la maggior parte della gente  non riesce a vivere dignitosamente, ma cerca di “sopravvivere” sperando che lo sconforto e l’insoddisfazione non prendano il sopravvento. Una casa, un lavoro una vita tranquilla senza la sensazione di sentirsi abbandonati a sé stessi è un’utopia.  In questo momento nessuno è al timone del governo, perché si è più impegnati a fare giochi potere che a fare l’interesse del popolo, mentre continua la danza dei partiti per “accaparrarsi” il posto più conveniente. Perché l’Italia è cosi chi ha in mano le redini del Paese si riempie le tasche e ai poveri cittadini tocca solo pagarne tutte le conseguenze. Le sorti dell’Italia restano incerte, un’unica certezza  rimane, solo svegliandosi dal sonno di coscienze che attanaglia il Paese si può riuscire a risalire da questo oblio che sta travolgendo proprio tutti.

 

Blue moon per la rubrica LOGOS/Arte, Cultura e....