Rocco è la nostra coscienza…

11.03.2013 12:21

 

 

“Quannu c’è a guerra non c’è nenti i ridiri”, così un Fulvio Cauteruccio sopra le righe da vita a “Roccu u Stortu”, storica produzione della Compagnia Krypton che dopo 11 ritorna a girare i teatri di tutta Italia.

Con una maggiore consapevolezza, decide di ridare voce e carne alla storia rabbiosa e coinvolgente del contadino calabrese Roccu, che va in guerra, la Prima Guerra Mondiale, per un pezzo di terra.
Una storia sempre attuale in un mondo che non impara dal tragico passato.
Ma Roccu è anche altro. E’ un bracciante che vive della raccolta d’olive, frutto che in Calabria gode di un religioso rispetto.
E’ uno storico che racconta, in perfetto italiano, una terribile cronaca di guerra, una infame e ben documentata epopea.
E’ infine “u stortu”, lo scemo del villaggio, l’uomo che ha subito un danno e che ha urgenza di parlare. Lo fa attraverso un lungo assolo interiore fitto di proverbi, filastrocche e canzoni. Il racconto di uno spirito libero che compone un violento attacco all’ordine militare in guerra e al governo dei Savoia, rigenerando al tempo stesso il dialetto in un idioma assolutamente contemporaneo.

Uno spettacolo dalle tinte forti che racconta una realtà drammatica, quella della guerra che ha coinvolto il sud come il resto dell’Italia tra il 1914 e il 1918. Una scenografia su cui Cauteruccio si erge ora come sulla vetta di una montagna o come dentro una trincea piccola e buia da condividere con altri soldati. I toni aspri rigorosamente alternati da accenti che provengono da ogni parte d’Italia ma che trovano in quello calabrese la massima espressione. E poi ancora le immagini, le luci e i suoni, affidati alla band “il parto delle nuvole pesanti”, quasi a guidare con i loro testi, le vicende che pian piano prendono consistenza sulla scena. I pensieri di un uomo e le domande rivolte ad un pubblico che si trova coinvolto fin dall’inizio.

Vuliti sapiri cu è Roccu u stortu??? U vuliti sapiri ???

 

Roccu è la voce, il grido di quegli uomini che sono andati al fronte, il pianto di quelle madri appese alla speranza, la paura negli occhi e il silenzio che li ha portati via per sempre. Rocco è uno dei tanti figli di questa terra che ha dato la sua vita per difendere la patria, una patria che ha seppellito nella sua memoria le loro storie e i loro ideali. Rocco è vivo nella missione di tanti soldati,  che ancora oggi partono per difendere la loro nazione e che in alcuni casi non ritornano più. La drammaturgia di Francesco Suriano, ci ricorda che in Rocco vi è ognuno di noi, con la sua coscienza e le sue debolezze, con i suoi sogni infranti e con gli ideali, che nel tempo rimangono una costante per giustificare le troppe atrocità che avvolgono il nostro mondo. 

 

Teatrante per la rubrica ETHOS/Teatro e…