Sulla strada con Francesco De Gregori

11.03.2013 10:11

 

 

Gli occhiali scuri, il cappello in testa, la fedele chitarra fra le braccia, Francesco De Gregori continua ad incantare con la sua musica. Se ne va in giro per l’Italia con un nuovo tour per la promozione del suo ultimo album “Sulla strada”, il cui titolo evoca la beat generation e il capolavoro letterario di Kerouac, ma l’ispirazione che lo alimenta è come sempre poliedrica.

Un po’ più vecchio, con la barba bianca, dall’aria nobile e intellettuale, “Il Principe” non perde un colpo, regalandoci nuove perle musicali, in cui condensa la maturità del suo pensiero nello sposalizio tra tradizione e innovazione.

Definito da molti poeta, per la liricità dei suoi testi colmi di metafore e figure retoriche; da altri cantautore, per la sua capacità di unire la parola alla musica, si proclama semplicemente artista.

Sono ormai lontani gli anni del Folkstudio, dove Francesco mosse i suoi primi passi nel mondo della musica e conobbe, tra gli altri, Antonello Venditti, Caterina Bueno, Mimmo Locasciulli e Giorgio Lo Cascio.

Numerose le collaborazioni virtuose con grandi artisti del panorama italiano, indimenticabile quella con Fabrizio de Andrè da cui prese vita l’album “Volume 8”, contenente otto brani inediti in parte scritti in tandem.

 

Quel ragazzo alto, magro e dinoccolato, dal fare schivo e ribelle, profondo conoscitore della storia e delle dinamiche sociali, cantore di storie e vizi del bel paese, è ancora lì, in quella voce un po’ più roca, in quell’uomo maturo, più pacato, ma dall’umore sempre imprevedibile, uno che le cose non le ha mai mandate a dire.

 

Tanti i suoi capolavori, tra i più popolari: Rimmel, La donna cannone, La leva calcistica del ’68, Generale, Buonanotte fiorellino. Impossibile citarli tutti.

De Gregori è uno che faresti di tutto per andarlo a vedere, che ti prende a calci nel di dietro e tu sei felice di poter pagare perché ciò avvenga. Scherzi a parte, Francesco De Gregori è tra i cantautori della vecchia guardia - dopo  il ritiro di Guccini, Fossati e la scomparsa di Lucio Dalla, suo grande amico e collaboratore - che ancora resiste in un panorama musicale sempre più dominato da pallidi imitatori di cantanti famosi e giovani spuntati fuori dai reality. Nulla in contrario alla creazione di nuove strade per favorire l’emergere di giovani artisti, ma la gavetta è quella che arricchisce. Non si può iniziare a canticchiare oggi e fare concerti domani, anche quello musicale è un percorso con delle tappe tassative, che sono anche passi di crescita a livello umano.

 

Tornando a De Gregori e al suo ultimo lavoro, “Sulla strada”, non si può non dire che si tratta in assoluto di uno dei migliori album della sua carriera.

In un incredibile stato di grazia Francesco si lascia guidare dall’ispirazione e ci regala canzoni che sembrano arrivare da molto lontano per la freschezza delle parole e le intuizioni melodiche, ma che in realtà arrivano dalla profondità del suo animo, sono pezzi della sua interiorità.

Sono nate così "Passo d'uomo" e "Guarda che non sono io", con gli archi scritti e diretti da Nicola Piovani; così hanno preso forma, sulla leggerezza di ritmi latini, "Omero al Cantagiro" e "Ragazza del 95", entrambi con la partecipazione di Malika Ayane. E poi il valzer lento che ci fa ballare con malinconica allegria "Showtime", e "Belle Époque", un piccolo film che con poche immagini coglie tutto il senso di un'epoca che sfocerà nella Prima Guerra Mondiale.

Infine "La guerra", dove troviamo un soldatino "che ripensa al suo rancio disgraziato e all'odore della notte e del sangue che ha versato" e "Falso movimento", descrizione di un amore capriccioso.

 

Ancora una volta, Francesco De Gregori ci prende per mano e ci conduce nell’infinito del suo cielo musicale, come faceva la donna cannone col suo amore: “E senza fame e senza sete e senza ali e senza rete, voleremo via…”

 

The Speaker per la rubrica LOGOS/Arte, Cultura e...

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